RISERVA SAN MASSIMO, MARCHIO BLU DEL PARCO TICINO

L’azienda agricola Riserva San Massimo è divenuta sito di Interesse Comunitario nel 2004 e successivamente zona di protezione speciale. La scelta della comunità europea di tutelare l’area è dovuta all’habitat che ospita, una porzione territoriale che sposa le intenzioni di salvaguardia ambientale e di biodiversità.

Infatti, ad esempio, in linea con gli obiettivi di sostenibilità richiamati dalle politiche agricole comunitarie, la Riserva San Massimo ha piantato 5000 piante baccifere a bordura dei campi di riso.

L’ACQUA, LINFA VITALE DELLA RISERVA SAN MASSIMO

Tra querce, pioppi, salici e ontani, sono circa 400 gli ettari che costituiscono il suggestivo ecosistema forestale. Ma la vera linfa vitale è l’acqua.

La Riserva è sita all’interno della Valle del Ticino, dove il fiume omonimo modificando il percorso origina piccole diramazioni, stagni e lanche. Inoltre, dai ghiacciai delle Alpi l’acqua attraversa i vari terreni emergendo in superficie per l’incontro con le terre impermeabili della bassa pianura Padana.

Sono circa 44 le risorgive presenti.  L’acqua che sgorga è limpida, purissima e soprattutto ricca di sali minerali, sostanze di cui si arricchisce attraversando i 400 ettari di foresta e il terreno torboso (composto da resti vegetali e microorganismi) della riserva fino a concludere la corsa allagando naturalmente le risaie.

L’azienda Riserva San Massimo gode quindi di una totale autosufficienza idrica che garantisce anche la presenza di numerose rane nei campi, che contrastano-in modo naturale- il punteruolo dell’acqua (nemico delle radici del riso).

I risi della Riserva San Massimo

In questo contesto vengono prodotti tre varietà di riso di grande qualità: l’autentico Carnaroli-sia classico che integrale-il Rosa Marchetti e il Vialone Nano.

La coltivazione viene realizzata esclusivamente all’interno della Riserva. Il processo di produzione, dalla trebbiatura al confezionamento, avviene in modo artigianale. In tal modo il riso mantiene integre le qualità organolettiche acquisite durante la crescita nell’habitat naturale, il sapore e la fragranza.

L’impegno nei campi di Cristiano Guizzardi e la grande conoscenza di Dino Massignani, che segue la coltivazione in ogni sua fase, danno vita ad un riso di altissima qualità.

La lavorazione del riso

Durante la nostra intervista in occasione di Golosaria 2018 abbiamo incontrato Massimo Bove, sales manager di Riserva San Massimo, che ci ha raccontato come viene lavorato il riso nell’azienda.

Il risone, ovvero il riso grezzo non ancora pilato, giunto a maturazione viene raccolto ed essiccato subito in cascina a basse temperature. E’ un’operazione che viene effettuata entro le 24/48 ore dalla raccolta per ridurre l’umidità. Questo passaggio può essere effettuato in un essiccatoio a gasolio, come fa la maggior parte delle aziende, o a metano, cui ha optato l’azienda agricola.

L’ impiego di un essiccatoio a metano ha difatti due vantaggi:

  • Si essicca grazie ad uno scambiatore termico evitando quindi il rilascio di esalazioni sul riso e mantiene intatto il profumo e l’originale fragranza del riso appena lavorato;
  • Si può impostare una temperatura di essiccazione più precisa, cioè più bassa per un tempo maggiore, in modo da avere un risultato eccellente per ogni singolo chicco.

Dopo un attento controllo, si procede al confezionamento e all’etichettatura, eseguita manualmente.

Il Carnaroli Riserva San Massimo

Per la produzione di un eccellente Carnaroli, l’azienda agricola seleziona solo le migliori semente certificate dall’ENSE (Ente Nazionale Sementi Elette) varietà 100% Carnaroli.

Per la coltivazione di un Carnaroli in purezza, la Riserva San Massimo ha dedicato alla varietà del riso ben 100 ettari, nonostante il lungo ciclo vegetativo (165 giorni) e i rischi di produzione (allettamento per vento e piogge o aborti floreali causati dal freddo).

Gli obiettivi agroambientali

Sono tre gli obiettivi agroalimentari su cui lavora la Riserva San Massimo:

  1. Il mantenimento delle attività agricole per il basso impatto determinato a livello ambientale e faunistico e per valorizzare la memoria materiale, storico-culturale dell’agricoltura;
  2. Il consolidamento di un’attività silvicolturale per la conservazione della diversità forestale e biocenotica e la valorizzazione delle zone ecotonali per le loro funzioni di miglioramento della diversità ecologica e faunistica;
  3. L’aumento della decomposizione della materia organica naturale per arricchire il terreno di sostanze nutrienti (funghi e microorganismi) che possano favorire un sano accrescimento della pianta migliorando la durezza del chicco.

La biodiversità fa da cornice anche alla produzione biologica di miele di Acacia e Millefiori con un processo totalmente naturale: solo il 70% del miele viene prelevato e il miele di edera viene lasciato nelle arnie per il nutrimento delle api durante l’inverno. Autore: Marialuisa La Pietra

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